Quello che usiamo, indossiamo, compriamo e mangiamo richiede acqua per essere prodotto: dall’intero processo per la coltivazione del riso, fino al carburante delle auto e alla produzione dei jeans. Conoscere l’impatto ambientale che ciò determina permette di diventare più consapevoli e limitare il consumo di acqua, contribuendo in prima persona a fronteggiare l’emergenza idrica che sta interessando il mondo.
L'impronta idrica agevola il necessario processo di monitoraggio delle risorse idriche disponibili: si tratta di un indicatore ambientale che misura il volume di acqua dolce consumata - in maniera diretta e indiretta - per produrre beni e servizi da parte di un singolo individuo, di una comunità, di un prodotto o di un’azienda.
Il calcolo prende in considerazione anche l’inquinamento provocato durante l’intero ciclo di produzione e permette di indirizzare le scelte di acquisti in ottica di sostenibilità: un’esigenza nata già nei primi anni 2000 quando la definizione di “impronta idrica” fu coniata per la prima volta da Arjen Hoekstra, professore dell’Università di Twente nei Paesi Bassi. Lo stesso che, otto anni dopo, ha dato vita al Water Footprint Network: una piattaforma che avvia la collaborazione tra associazioni, aziende, università e società civile per promuovere la transizione verso un uso sostenibile, equo ed efficiente delle risorse di acqua dolce in tutto il mondo.