Uno degli esempi più noti di sharing economy è il car sharing, come quello “di quartiere” lanciato a Reggio Emilia. Questo servizio permette a più persone di utilizzare la stessa automobile, riducendo il numero di veicoli necessari e, di conseguenza, le emissioni di CO2. Le ricerche dimostrano che un'auto condivisa può sostituire da 9 a 13 veicoli privati, contribuendo significativamente alla riduzione del traffico e dell'inquinamento urbano. Inoltre, le flotte di car sharing tendono a essere più moderne e efficienti dal punto di vista energetico rispetto ai veicoli privati medi.
Un altro esempio è l’home sharing, come quello offerto da piattaforme come Airbnb, che consente ai proprietari di case di affittare stanze o intere abitazioni a breve termine. Questo sistema ottimizza l'uso degli spazi abitativi, riducendo la necessità di costruire nuovi alberghi e strutture ricettive, che richiedono significative risorse materiali ed energetiche.
Il riuso di beni è un altro pilastro fondamentale della sharing economy. Piattaforme di compravendita di oggetti usati permettono di dare nuova vita a prodotti che altrimenti finirebbero nei rifiuti. Questo non solo riduce la quantità di rifiuti che devono essere gestiti, ma diminuisce anche la domanda di nuovi prodotti, risparmiando risorse naturali e riducendo l'impatto ambientale della produzione industriale.
Gli spazi di co-working rappresentano un'altra forma di sharing economy che contribuisce alla sostenibilità ambientale. Questi spazi permettono a diverse persone o aziende di condividere uffici e strutture, ottimizzando l'uso degli spazi e riducendo la necessità di costruire nuovi edifici. Il co-working può ridurre significativamente il consumo di energia e le emissioni associate alla gestione di uffici tradizionali.
L’economia della condivisione, come testimoniano gli esempi, riguarda gli ambiti più disparati e risponde allo stesso obiettivo: rendere accessibili beni e servizi a costi inferiori, contribuendo a un'economia più equa e inclusiva.