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Di cosa si è discusso alla Cop27, la Conferenza delle parti sul clima tenutasi in Egitto

21 novembre 2022

Si è chiusa il 18 novembre la 27esima edizione della Conferenza delle parti sul clima, più nota come Cop27: il vertice internazionale ha raggruppato in Egitto, a Sharm El-Sheikh, tutti i Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici.

 

Quest’anno, in particolare, l’evento si è aperto alle soglie dell’inverno per l’emisfero nord: un momento particolarmente delicato per il Pianeta in cui la crisi energetica, insieme alle attuali tensioni geopolitiche, ha richiesto un impegno sinergico e ragionato da parte di tutti i partecipanti.

 

Nel corso di due settimane la Cop27 ha messo in dialogo leader mondiali, politici, scienziati ed esperti che si sono confrontati sull’impatto climatico che la Terra sta vivendo in cerca di soluzioni e decisioni da attuare. “Un lavoro immenso”, come lo ha definito il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Ecco di cosa si è discusso e quali sono i nuovi obiettivi fissati.

Cosa è stato deciso alla COP27

Dopo febbrili negoziazioni continuate fino alla tarda notte di sabato, all’alba di domenica 20 novembre la Cop27 ha messo a segno il documento Sharm el-Sheikh Implementation Plan.

 

Il principale risultato raggiunto è l’istituzione del fondo Loss and Damage per aiutare i paesi in via di sviluppo che sono stati colpiti in maniera più devastante del cambiamento climatico. Per ora c’è l’accordo sulla realizzazione ma tutti i dettagli tecnici saranno stabiliti nelle trattative che si svolgeranno nel corso del 2023.

Sono mancate, invece, decisioni condivise su punti fondamentali come l'utilizzo delle fonti fossili: Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, ha definito l’accordo “non sufficiente”, aggiungendo che “troppi paesi non sono pronti a fare progressi nella lotta contro la crisi climatica”.

 

L’obiettivo primario previsto nell’Accordo di Parigi - mantenere l’innalzamento delle temperature a fine secolo al di sotto dei due gradi -  si è semplicemente tradotto nell’indicazione secondo cui è fondamentale non superare la soglia di sicurezza dei +1.5°C. Un risultato che appartiene alla Cop 26 e su cui era importante non fare alcun passo indietro, ma riguardo al quale i paesi Europei si aspettavano maggiore coinvolgimento e azioni verso nuove strategie.

 

Il documento finale, nella sezione sulla mitigazione, invita i Paesi a ridurre i gas serra e ribadisce l’obiettivo (minimo) di tagliare del 43% le emissioni globali entro il 2030 sui livelli del 2019. Tuttavia tra gli sforzi da accelerare cita soltanto genericamente la riduzione graduale del carbone e l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili. 

 

 “Questa Cop ha fatto un passo avanti verso la giustizia. Accolgo con favore la decisione di istituire un fondo per le perdite e i danni e di renderlo operativo nel prossimo periodo” ha commentato il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, consapevole che questa azione non è sufficiente per frenare i danni del surriscaldamento globale ma rappresenta “un segnale politico assolutamente necessario”.

 

Questa Cop ha fatto un passo avanti verso la giustizia. Accolgo con favore la decisione di istituire un fondo per le perdite e i danni e di renderlo operativo nel prossimo periodo.

 

Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite

Cop27, quali erano i presupposti del vertice

L’intento della Cop27 era quello di trovare delle soluzioni urgenti al surriscaldamento climatico che, soprattutto negli ultimi mesi, ha mostrato le sue conseguenze più catastrofiche: l’emergenza siccità della scorsa estata ne è dimostrazione.
 

I leader mondiali sono stati chiamati a prendere delle decisioni strategiche - da attuare sia nel breve che lungo periodo -  per rispettare gli Accordi di Parigi e mantenere la temperatura terrestre al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai valori preindustriali.
 

I presupposti e le aspettative con cui COP27 si è aperta sono stati mirati verso impegni concreti per raggiungere una progressiva decarbonizzazione e la diminuzione delle emissioni nocive. A questo si è aggiunto un altro punto saliente: la definizione degli investimenti necessari da qui al 2030 nei paesi in via di sviluppo per ridurre le emissioni di CO2 e per far fronte ai danni causati dal cambiamento climatico. Cosa è stato messo a segno? Molto poco rispetto a quello che ci si aspettava: se la COP27 ha segnato un passo avanti per la giustizia climatica, nessun progresso significativo è stato fatto sul taglio delle emissioni.

 

Cosa è mancato nella Cop27

Nel corso della Cop27, dunque, i leader mondiali non sono riusciti a stilare un vero e proprio accordo che impegni i Paesi a eliminare gradualmente l’uso dei combustibili fossili. Nel documento conclusivo è stata solo evidenziata la necessità della transizione energetica attraverso l’uso delle energie rinnovabili riducendo -  non eliminando - l’utilizzo dei combustibili tradizionali.
 

A livello internazionale non è previsto alcun piano attuativo per mettere da parte le fonti fossili. Un aspetto decisivo perché, anche se molti Paesi hanno stilato delle road map che li impegnano nel processo di decarbonizzazione per i prossimi anni, molti altri non lo hanno fatto. Un divario che rallenta in modo decisivo la necessaria transizione ecologica.
 

Due i fattori che possono aver frenato un vero e proprio accordo sul clima: da un lato la presenza dei Paesi del Golfo e della Russia che fondano la loro forza economica sui combustibili fossili, e dall’altra la crisi energetica nata in seno alla guerra in Ucraina che ha spinto molti Stati a frenare l’avanzata verso la transizione energetica per trovare soluzioni immediate e capaci di garantire gli approvvigionamenti necessari. Una strategia che tradisce le attese di rafforzamento dell’azione globale per contrastare il cambiamento climatico: priorità non più rimandabile.

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