Secondo un approfondimento del Parlamento Europeo sul problema dell’inquinamento di mari e oceani dalle microplastiche, è possibile suddividere queste particelle in due categorie principali:
-le microplastiche primarie sono rilasciate nell’ambiente in forma di piccole particelle e rappresentano il 15-31% del totale delle microplastiche nell’oceano;
-le microplastiche secondarie provengono dalla decomposizione e dalla degradazione dei prodotti plastici finiti nell’oceano, oggetti più grandi che producono minuscoli frammenti di rifiuti plastici.
L’origine delle microplastiche è legata allo smaltimento scorretto di oggetti di grandi dimensioni come buste di plastica, reti da pesca e bottiglie, ma anche allo sversamento in mare dei residui del lavaggio dei capi sintetici, all’abrasione degli pneumatici durante la circolazione stradale e alle microplastiche che finiscono nel sistema di fognatura e che sono contenute nei prodotti per la cura del corpo.
L’impatto su mari e oceani è rilevante: l’habitat marino è a rischio perché per disciogliersi la plastica impiega diversi anni, e fintanto che è in acqua può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di molti organismi.
Le conseguenze di questo problema mondiale hanno ripercussioni gravi non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute. Studi e analisi nel corso degli anni hanno rilevato che circa il 35% degli animali marini pescati e consumati dall’uomo contengono microplastiche: agenti chimici e tossici rilasciati dalle microplastiche mangiate dai pesci possono contaminare l’organismo umano, mettendone a rischio la salute.